Asilo nido: detrazione o bonus? Cumulabilità non ammessa
Chi gode del bonus nido erogato dall’Inps non può abbinarci la detrazione fiscale nel Modello 730. Il principio di non cumulabilità è dichiarato espressamente nella Circolare 7/E/2018 dell’Agenzia Entrate, secondo cui “la detrazione è alternativa al contributo di cui all’art. 1, comma 355, della legge 11.12.2016, n. 232, erogato dall’Istituto nazionale della previdenza sociale tramite un pagamento diretto al genitore richiedente, per far fronte al pagamento della retta relativa alla frequenza di asili nido pubblici o asili nido privati autorizzati o per l’introduzione di forme di supporto presso la propria abitazione in favore dei bambini affetti da gravi patologie croniche”.
Se quindi una cosa esclude l’altra, vediamo da che parte pende la bilancia della convenienza. La detrazione sulle spese di frequenza al nido – è presto detto – viene fissata nella misura del 19% entro un importo massimo di spesa pari a 632 euro per ciascun figlio che frequenta l’asilo nido, pubblico o privato che sia, e la “somma verrebbe ripartita tra i genitori in base all’onere da ciascuno sostenuto”. Quindi, specifichiamo, lo sconto effettivo sull’imposta non sarà di 632 euro, bensì pari – al massimo – al 19% di 632 euro a figlio.
Detto questo, spiega l’Agenzia, “qualora il documento di spesa sia intestato al bimbo, o ad uno solo dei genitori, è comunque possibile specificare, tramite annotazione sullo stesso, le percentuali di spesa imputabili a ciascuno dei genitori. In particolare, il genitore che ha sostenuto la spesa può fruire della detrazione anche se il documento è intestato all’altro genitore e anche se non è fiscalmente a carico di quest’ultimo”. Ma l’aspetto che qui interessa è proprio quello della non cumulabilità rispetto al bonus nido.
Quest’ultimo anzitutto, operativo per i genitori dei bimbi nati o adottati dal 1° gennaio 2016, non prevede soglie selettive in base all’ISEE, ciò significa che non è un beneficio pensato esclusivamente per le famiglie povere, o comunque non solo per quelle contraddistinte da maggiori disagi economici. Per l’esattezza si tratta della corresponsione (a carico dell’Inps) delle rette per la frequenza di asili nido pubblici e privati e di forme di assistenza domiciliare in favore di bambini con meno di tre anni affetti da gravi patologie croniche.
È però fondamentale, per il genitore che sostiene l’onere della retta, la convivenza col figlio ed essere in possesso dei seguenti requisiti indicati dall’Inps:
- cittadinanza italiana/UE;
- permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo;
- carte di soggiorno per familiari extracomunitari di cittadini dell’Unione europea;
- carta di soggiorno permanente per i familiari non aventi la cittadinanza dell’Unione europea;
- status di rifugiato politico o di protezione sussidiaria;
- residenza in Italia.
Inoltre, al momento della domanda, dovrà essere allegata la documentazione che dimostri almeno il “pagamento della retta relativa al primo mese di frequenza dell’asilo per cui si richiede il beneficio oppure, nel caso di asili nido pubblici che prevedono il pagamento delle rette posticipato rispetto al periodo di frequenza, la documentazione da cui risulti l’iscrizione o comunque l’avvenuto inserimento in graduatoria del bambino”.
Secondo quanto previsto dalla manovra 2019, a partire da quest’anno e per i successivi due (quindi fino al 2021), l’importo dell’assegno su base annua è stato elevato dai precedenti 1.000 euro agli attuali 1.500 euro. Tenendo allora conto della suddivisione dell’assegno in 11 rate mensili, la famiglia avrà diritto a 11 erogazioni pari ciascuna a 136 euro. Non c’è dubbio, quindi, che in termini economici la convenienza penda tutta dalla parte del bonus nido, fatto salvo che la detrazione permetterebbe in un secondo momento l’alleggerimento dell’imposta sul reddito, e quindi l’eventualità di avere un conguaglio un po’ più favorevole sulla busta paga di luglio/agosto.