Regime forfettario di manica larga: flat tax al 15% entro 65.000 €
Più spazio per tutti. In queste poche parole potrebbe riassumersi lo spirito del nuovo regime forfettario istituito dalla Legge di Bilancio 2019, che lascia invariati rispetto agli anni scorsi i coefficienti di redditività ATECO in base a quali calcolare l’imponibilità del reddito della singola attività, ma innalza sensibilmente – oltre che uniformemente, per tutte le tipologie di esercizi – la soglia massima dei ricavi percepiti nell’anno di imposta precedente, entro la quale sarà appunto possibile beneficiare del regime fiscale di favore. Regime, spieghiamo, che corrisponde all’applicazione di una tassa unica piatta (cosiddetta “flat tax”) in sostituzione di tutti gli altri adempimenti fiscali quali ad esempio Irpef, addizionali, Iva, ecc. Precisiamo solo che in tal senso la flat tax non è certo un’invenzione dell’ultima manovra, intervenuta tuttavia a riscriverne in parte le regole.
A quanto ammonta, dunque, questa flat tax? L’aliquota piatta valida per tutti è fissata al 15%, ma a determinate condizioni, cioè nei casi delle cosiddette start-up che rispettino certi requisiti, potrebbe addirittura ridursi al 5% annuo (consecutivamente) per i primi cinque anni di attività, quello di avvio più i successivi quattro. Ovviamente poi, al momento del calcolo, l’aliquota avrebbe un peso maggiore o minore in relazione ai già citati coefficienti di redditività ATECO.
Ma facciamo un passo alla volta. Chi ha diritto al regime forfettario? Se prendiamo come termine di riferimento l’anzianità di un esercizio, la risposta è presto detta: tutti. Il discrimine, infatti, non risiede nel periodo di attività che l’esercizio ha alle spalle, bensì nei ricavi totalizzati. In altri termini, un’attività esistente da trent’anni potrebbe godere del regime forfettario né più né meno di un esercizio avviato l’anno prima.
Come spiega l’Agenzia delle Entrate “possono accedere al regime forfettario sia i contribuenti che iniziano una nuova un’attività di impresa, arte o professione e che presumono di conseguire ricavi o compensi non superiori a 65.000 euro, sia coloro che hanno già avviato un’attività purché abbiano conseguito ricavi o compensi sempre sotto la soglia dei 65.000 euro. Se si esercitano più attività, contraddistinte da codici ATECO differenti, occorre considerare la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate”.
Quindi, in sostanza, porte aperte a qualunque tipo di attività (non importa quanto vecchia), purché entro una soglia di ricavi non superiore a 65.000 euro, e soprattutto porte aperte anche laddove si esercitino più attività contemporaneamente, fermo restando sempre il limite dei 65.000 euro, che a quel punto dovrebbe essere rispettato sommando fra loro i ricavi delle rispettive attività. La differenza sostanziale rispetto agli anni passati, sta allora nell’uniformità della soglia massima di ricavi pari a 65.000 euro, mentre la formula originaria del regime forfettario prevedeva soglie distinte a seconda della tipologia dell’attività svolta. Non solo, ma dal 2020 tale soglia sarà portata definitivamente a 100.000 euro di ricavi annui.
Altro aspetto di non poco conto è la potenziale continuità del regime fissato al 15%, che non avendo una durata specifica, cesserebbe di avere efficacia solo nel momento in cui in cui venisse meno il requisito dei ricavi. Infine, le regole introdotte dal 1° gennaio 2019 prevedono l’eliminazione, tra i requisiti di accesso, dei limiti pari a:
- 5.000 euro relativamente alle spese per lavoro accessorio, lavoro dipendente e per compensi erogati a collaboratori, anche assunti per esecuzione di progetti;
- 30.000 euro relativamente al reddito da lavoro dipendente percepito;
- 20.000 euro relativamente al costo per beni strumentali.
Non possono invece avvalersi del regime forfetario:
- i soggetti che già usufruiscano di regimi speciali ai fini Iva o di regimi forfettari di determinazione del reddito;
- i soggetti non residenti, ad eccezione di coloro che risiedono in uno degli Stati membri dell’Unione europea, o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo, che assicuri un adeguato scambio di informazioni, e producono in Italia almeno il 75% del reddito complessivamente prodotto
- i soggetti che effettuano, in via esclusiva o prevalente, operazioni di cessione di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi;
- i soggetti che partecipano contemporaneamente a società di persone, associazioni professionali o imprese familiari, o che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d’impresa arti o professioni;
- le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili a tali datori di lavoro.
Quanto alla formula ancor più vantaggiosa ideata per chi inizia una nuova attività (tassazione forfettaria al 5% per i primi cinque anni di attività), è necessario che:
- il contribuente non abbia esercitato, nei 3 anni precedenti l’inizio dell’attività, attività artistica, professionale ovvero d’impresa, anche in forma associata o familiare;
- l’attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l’attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;
- qualora venga proseguita un’attività svolta in precedenza da altro soggetto, l’ammontare dei relativi ricavi e compensi, realizzati nel periodo d’imposta precedente quello di riconoscimento del beneficio, non sia superiore al limite che consente l’accesso al regime.
La variante però decisiva, come accennavamo, è il coefficiente ATECO di reddittività associato alla macro-area di riferimento in cui si colloca il singolo esercizio. Per quale motivo? Assodato che il regime prevede di default l’aliquota piatta al 15% entro un ricavo annuo pari a 65.000 euro, tale 15% non verrà calcolato sul totale assoluto del ricavo totalizzato nell’anno, bensì entro una percentuale dello stesso ricavo rappresentata, appunto, dal coefficiente ATECO. Facciamo un esempio pratico. Ipotizziamo un alloggio bed and breakfast che nell’anno d’imposta precedente abbia totalizzato ricavi pari a 30.000 euro. Tale ricavo, anzitutto, inferiore alla soglia prefissata di 65.000 euro, permetterà al titolare del B&B di aderire al regime forfettario.
Ora: quale sarà il ricavo – ovvero il reddito imponibile – sul quale bisognerà calcolare l’aliquota sostitutiva del 15%? È qui che entra in gioco il coefficiente ATECO, ovvero la percentuale di reddito imponibile stabilita a priori sulle diverse tipologie di esercizio. Considerando allora che un B&B rientra nella macro-area dei “servizi di alloggio e di ristorazione”, per la quale è stato stabilito un coefficiente ATECO di reddittività pari al 40% del ricavo annuo, nel caso da noi ipotizzato il titolare del B&B andrà a versare non il 15% di 30.000 euro (ricavo annuo assoluto) ma di 12.000 euro (il 40% di 30.000, cioè il reddito imponibile desunto dall’applicazione del coefficiente ATECO).