Benefici prima casa: la vendita senza riacquisto li fa decadere
Il frazionamento, e la successiva alienazione a titolo oneroso, dell’immobile prima casa, fa decadere dalle agevolazioni fiscali godute al momento dell’acquisto originario, qualora il titolare non provveda all’acquisto di un secondo immobile con caratteristiche prima casa. La questione è abbastanza elementare, ma può complicarsi se, come nel caso di cui si è occupata recentemente una sentenza della Cassazione (la n. 1833 del 23 gennaio 2019), la questione riguarda un immobile prima casa acquistato coi benefici nel 2004 e successivamente frazionato in modo tale da ricavarne due unità distinte, le quali, poi, sono state a loro volta vendute a distanza di tempo (la prima nel 2005 la prima e la seconda 2007) senza che il titolare, come previsto appunto dalla normativa sui benefici prima casa, acquistasse un secondo immobile entro un anno dalla vendita del secondo immobile ricavato dal frazionamento.
Nella sostanza, la citata sentenza della Cassazione non ha fatto altro che confermare la sentenza precedente della Ctr, che aveva ribaltato quella della Ctp. Il caso, come accennato, riguardava un contribuente che aveva goduto delle agevolazioni prima casa per un appartamento acquistato nel 2004. Lo stesso immobile era stato poi frazionato in due unità. Il titolare, vivendo in una delle due, aveva venduto l’altra nel 2005 e poi nel 2007 aveva venduto anche la seconda, senza però procedere, entro un anno dalla seconda vendita, all’acquisto di un altro immobile prima casa, e ciò l’aveva fatto decadere dalle agevolazioni. Di qui la cartella notificata dall’amministrazione che nel 2011 comminava al contribuente la maggiore imposta non versata, con annesse le sanzioni più gli interessi.
In linea generale la normativa stabilisce infatti che se entro cinque anni dall’acquisto dell’immobile prima casa, lo stesso immobile viene venduto senza che il titolare ne acquisti un altro entro dodici mesi dalla vendita, i benefici vengono annullati. Ora, nel caso specifico, gli immobili venduti sono in realtà due, ricavati appunto dal frazionamento di quello originario, ma il nodo della questione non è tanto la decadenza in sé dai benefici, quanto la tempistica dubbia della notifica di decadenza da parte dell’amministrazione, arrivata nel 2011. Si parta dal presupposto che l’amministrazione finanziaria può procedere con il recupero dell’imposta (quindi con la notifica dell’accertamento) entro il termine triennale decorrente dall’avvenuta violazione (in pratica il mancato riacquisto dopo l’anno di transizione).
Detto ciò, trattandosi nella fattispecie del caso “anomalo” di due unità immobiliari vendute entro l’arco del primo quinquennio, senza un nuovo riacquisto nei 12 mesi successivi alla vendita, il termine di decorrenza per il calcolo del triennio entro cui notificare l’accertamento non poteva essere altro se non lo scadere dei dodici mesi successivi alla vendita del secondo immobile, di cui il contribuente aveva comunque mantenuto la titolarità (vivendoci) anche dopo la vendita del primo dei due immobili nati dal frazionamento. Quindi in pratica, essendo stato venduto il secondo immobile nel 2007, e non essendone stato riacquistato un altro entro il 2008, ecco che la notifica dell’amministrazione, scattata nel 2011 (tre anni dopo il mancato riacquisto), è da ritenersi tempestiva. E questo, infatti, hanno confermato sia la sentenza di appello della Ctr, sia quella in terzo grado della Cassazione, dopo che in primo grado la Ctp aveva invece dato ragione al contribuente, dichiarando la notifica tardiva.