Imu e Tasi: acconto in linea col 2018 ma attenzione ai cambi d’uso
La prima notizia è che il 17 giugno si avvicina, quindi l’acconto Imu-Tasi è alle porte. Le altre due sono una buona (si fa per dire) e l’altra chissà: a seconda dei casi potrebbe essere altrettanto buona oppure portare brutte sorprese. Cominciamo con quella buona: nonostante il 2019 sia l’anno in cui i Comuni, per effetto dell’ultima legge Finanziaria, sono tornati ad avere margini di manovra per il rialzo delle aliquote, i rincari, se ve ne saranno, peseranno soltanto sulla rata di saldo (in scadenza a dicembre), mentre per il momento l’acconto dovrà essere versato solo nella misura del 50% di quanto pagato l’anno scorso (le sedi CAF ACLI offrono assistenza in tutta Italia per il calcolo dei tributi).
Passiamo all’altra notizia. Qui c’è da valutare bene la situazione, nel senso che se i versamenti di acconto, in linea generale, coincideranno sì col 50% dei tributi versati nel 2018, è altrettanto vero che per alcuni immobili, i quali nel frattempo potrebbero aver subito un cambio di utilizzo rispetto al 2018, l’entità del prelievo potrebbe già cambiare ora, ma non per un rincaro della stessa aliquota applicata l’anno passato, piuttosto per il passaggio obbligato a un’aliquota diversa stabilita per un’altra tipologia di immobile. Ecco perché la situazione è da valutare: il cambio di utilizzo potrebbe infatti portare a un miglioramento così come a un peggioramento dell’acconto dovuto.
Detto questo, le regole sono quelle note, entrate in pista dal gennaio 2016, cioè da quando fu ristabilita in primis la cancellazione del versamento per le abitazioni principali non di lusso, affrancando di conseguenza dalla famosa “quota occupante” anche gli inquilini che mantengono residenza e domicilio negli immobili di cui risultano affittuari (fanno dunque eccezione le dimore accatastate in A1, A8 e A9, che continueranno a pagare entrambi i tributi, sia Imu che Tasi, godendo però della detrazione fissa pari a 200 euro).
Imu e Tasi restano poi valide per tutti gli altri immobili, locati o meno, anche se con delle “variazioni” su tema. Torniamo allora alla casistica frequente dei cambi di utilizzo. In questo caso, come accennavamo, il volere del Comune c’entra poco. Un esempio classico, per intenderci, è quello di un immobile seconda casa che nel 2018 è rimasto vuoto e nel 2019 è stato dato in affitto. Quindi, se per il 2018 l’aliquota cui fare riferimento era quella delle seconde case a disposizione, adesso sarà quella delle seconde case affittate (ammesso che il Comune abbia previsto una differenziazione di aliquota). Oppure il contrario. Se fino a febbraio 2019 ho avuto una seconda casa affittata, che poi è rimasta vuota, è chiaro che l’acconto dovrà anche tener conto delle aliquote Imu-Tasi sulle case a disposizione.
Attenzione poi all’agevolazione sugli immobili concessi in comodato a parenti in linea retta entro il primo grado, che si traduce in pratica in uno sconto al 50% sulla base imponibile soggetta a imposta (sia ai fini Imu che ai fini Tasi). È necessario però che comodante e comodatario abbiano la residenza nello stesso Comune e che il comodante non possegga altri immobili a parte quello concesso in comodato e l’eventuale sua abitazione principale. C’è poi lo sconto del 25% – questa volta applicato direttamente sulle imposte – riservato agli immobili affittati a canone concordato.
Quanto alle case occupate da inquilini o comodatari, assodato che la quota occupante della Tasi (dal 10 al 30 per cento) non è dovuta se l’occupante stesso utilizza l’immobile come propria abitazione principale, ciò non andrà a discapito del possessore: nel senso che in presenza di un inquilino/comodatario, a prescindere che sia dimorante o meno, il possessore verserà comunque una Tasi compresa tra il 70 e il 90 per cento del tributo complessivo. Se poi l’occupante non avrà stabilito lì la propria residenza-dimora, il versamento del tributo si completerà con la sua quota, altrimenti resterà solo la quota maggioritaria a carico del titolare.