Modello 730: il dato sospetto può frenare il rimborso
Attenzione ai dati sospetti che potrebbero mettere sul chi-va-là l’Agenzia delle Entrate e rallentare i tempi di rimborso del credito riportato sul 730. Questo è un passaggio del quale spesso ci si dimentica, perché una volta fatta la dichiarazione viene naturale pensare di aver chiuso una volta per tutte coi propri obblighi, ma in effetti la possibilità che l’Agenzia decida di prendersi tempo per verificare l’esattezza di certi modelli precompilati che sono stati modificati prima della trasmissione definitiva è sempre molto concreta. In pratica, qualora l’Agenzia rilevasse certi elementi cosiddetti “di incoerenza” su un modello inviato direttamente dal contribuente, oppure tramite il sostituto o un intermediario fiscale (trova il CAF ACLI più vicino), a quel punto, sullo stesso modello, scatterebbero delle verifiche preventive, chiamate così appunto perché avverrebbero preventivamente al rimborso del credito riportato sulla dichiarazione.
Questo quindi non significa che il credito non verrà erogato, vuol dire soltanto che l’Agenzia congelerà momentaneamente le tempistiche di rimborso, e una volta che ne avrà appurato la correttezza, sarà lei stessa a eseguirlo anziché addossare l’onere al datore di lavoro del contribuente, come invece prevede la normale prassi dei rimborsi da 730. Chiaramente la procedura dei controlli preventivi non ricorre con certezza matematica, debbono infatti presentarsene le condizioni: in primis la condizione essenziale è che vi sia un esito di rimborso, e poi debbono esserci quegli “elementi di incoerenza” cui abbiamo accennato sopra e che l’Agenzia riporta sinteticamente nel provvedimento n. 207079/2019 del 19 giugno.
“Gli elementi di incoerenza – scrive l’amministrazione – delle dichiarazioni dei redditi modello 730/2019 con esito a rimborso, presentate dai contribuenti con modifiche rispetto alla dichiarazione precompilata che incidono sulla determinazione del reddito o dell’imposta, sono individuati nello scostamento per importi significativi dei dati risultanti nei modelli di versamento, nelle certificazioni uniche e nelle dichiarazioni dell’anno precedente, o nella presenza di altri elementi di significativa incoerenza rispetto ai dati inviati da enti esterni o a quelli esposti nelle certificazioni uniche”.
In termini pratici, il nocciolo della questione è tutto nello “scostamento per importi significativi” tra i dati che l’Agenzia ha avuto a disposizione per predisporre i modelli precompilati e i dati invece che risultano successivamente alle modifiche apportate dal contribuente. Quindi è chiaro che se lo scostamento tra la versione originaria del precompilato e quella successiva modificata dal contribuente dovesse essere minimo, la spia del controllo preventivo resterebbe spenta, cioè non vi sarebbero quelle condizioni per far scattare l’alert dei dati sospetti e il rimborso del credito non subirebbe nessuno stop.
Tale procedura del resto non la scopriamo oggi. È ormai dal 2016 che l’Agenzia delle Entrate può effettuare questi controlli preventivi sulle dichiarazioni che riportano – rispetto alla versione precompilata – modifiche sostanziose che:
- incidono sulla determinazione del reddito o dell’imposta;
- presentano elementi di incoerenza rispetto ai criteri stabiliti dall’Agenzia delle Entrate;
- determinano un rimborso superiore a 4.000 euro.
L’Agenzia, comunque, è tenuta a rispettare dei tempi. Il controllo preventivo deve infatti avvenire, o in via automatizzata o mediante verifica della documentazione giustificativa, entro quattro mesi dal termine previsto per la trasmissione della dichiarazione, o dalla data della trasmissione, se questa è successiva a detto termine. Successivamente il rimborso spettante al termine delle operazioni di controllo preventivo sarà appunto erogato dall’Agenzia delle Entrate non oltre il sesto mese successivo al termine previsto per la trasmissione della dichiarazione, o dalla data della trasmissione, se questa è successiva a detto termine.