Reddito di Emergenza, scadenza domande 31 luglio
I termini sarebbero dovuti scadere il 30 giugno, ma come spesso accade – e come in effetti era prevedibile anche in questo caso – le scadenze, sebbene “perentorie”, si rivelano poi aleatorie, facendo così scattare la proroga. Sarà quindi concessa un’ulteriore finestra di un mese per presentare domanda di Reddito di Emergenza: non più, appunto, entro il 30 giugno ma entro il 31 luglio 2020, come disposto dal Decreto Legge 52/2020 del 16 giugno, in deroga a quanto stabilito dal precedente Decreto Rilancio.
Le modalità di richiesta restano quelle note: qualora il nucleo non ne fosse già in possesso, dovrà anzitutto dotarsi di un’attestazione ISEE valida – per la quale è possibile rivolgersi alle nostre sedi CAF ACLI – e con quella presentarsi agli uffici di un patronato (cerca la sede del Patronato ACLI più vicina) oppure procedere tramite i canali web dell’Inps, più esattamente autenticandosi con PIN, SPID, Carta Nazionale dei Servizi e Carta di Identità Elettronica.
Ricordiamo adesso i paletti sostanziali che il legislatore ha fissato per poter rientrare nel diritto al Reddito di Emergenza, facendo però una premessa: l’assonanza col Reddito di Cittadinanza non deve trarre in inganno, perché si tratta di misure del tutto diverse, sia nella loro “filosofia” che negli effetti pratici, e oltretutto sono misure fra loro incompatibili, dal momento che il Decreto Rilancio ne ha stabilito a chiare lettere l’incumulabilità.
In termini pratici, basta che un solo componente del nucleo familiare risulti già percettore di Reddito di Cittadinanza per impedire in automatico la possibilità di ricevere il Reddito di Emergenza. Quest’ultimo, inoltre, prevede una durata ben più ridotta rispetto ai 18 mesi del “fratello maggiore”: trattasi infatti di un assegno bimestrale, “erogato in due quote” – si legge nel decreto – che varieranno fra un minimo di 400 e un massimo di 800 euro a seconda della conformazione e della situazione economica del nucleo.
Ciò premesso, ecco i requisiti che debbono sussistere (tutti allo stesso tempo) per poter beneficiare del REM:
- residenza in Italia, verificata con riferimento al componente richiedente il beneficio;
- un valore del reddito familiare (comprensivo anche di quello non imponibile ai fini Irpef, ndr) nel mese di aprile 2020, inferiore alla soglia stessa del REM che spetterebbe (quindi un reddito che ad aprile risulti fra i 400 e gli 800 euro, ovviamente confrontato con quello che sarebbe il beneficio spettante, che, come abbiamo visto, varia tra 400 e 800 euro, ndr);
- un valore del patrimonio mobiliare familiare con riferimento all’anno 2019 inferiore a una soglia di euro 10.000, accresciuta di euro 5.000 per ogni componente successivo al primo e fino ad un massimo di euro 20.000. Il predetto massimale è incrementato di 5.000 euro in caso di presenza nel nucleo familiare di un componente in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza come definite ai fini dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE);
- un valore dell’ISEE inferiore ad euro 15.000.
Sul piano invece della non-cumulabilità, cui già accennavamo, il discorso non si ferma al solo Reddito di Cittadinanza. Vi sono infatti anche altre misure economiche la cui presenza all’interno del nucleo impedirebbe l’erogazione del REM. Il legislatore, ad esempio, sbarra la strada del REM a chiunque sia già percettore di una qualunque delle indennità introdotte dal Decreto Cura-Italia di marzo, vale a dire i famosi bonus 600 euro poi rinnovati:
- Indennità professionisti e lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa;
- Indennità lavoratori autonomi iscritti alle Gestioni speciali dell’Ago;
- Indennità lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali;
- Indennità lavoratori del settore agricolo;
- Indennità lavoratori dello spettacolo;
- Indennità disciplinate dal reddito di ultima istanza a favore dei lavoratori danneggiati dal virus COVID-19.
Sono inoltre estromessi i lavoratori domestici eventualmente beneficiari dell’omonima “Indennità per i lavoratori domestici” istituita dall’articolo 85 dello stesso Decreto Rilancio. Ed infine, si legge, “il REM non è altresì compatibile con la presenza nel nucleo familiare di componenti che siano al momento della domanda in una delle seguenti condizioni:
- essere titolari di pensione diretta o indiretta ad eccezione dell’assegno ordinario di invalidità;
- essere titolari di un rapporto di lavoro dipendente la cui retribuzione lorda sia superiore all’importo che spetterebbe col REM, ovvero compresa nella solita forbice tra 400 e 800 euro”.
Posto allora che i CAF sono al momento in attesa di istruzioni operative per quanto riguarda la presentazione della domanda REM, la nostra disponibilità resta comunque attiva sul fronte dell’ISEE, requisito fondamentale – come abbiamo visto – per vedersi riconosciuto il diritto all’assegno.