Lettere delle Entrate: stop alle cessioni dei bonus casa a rischio
Partono le comunicazioni agli intermediari: 5 giorni per inviare i documenti. Possibile annullamento dell’opzione. Il contribuente non è tra i destinatari della missiva. Il Fisco deve chiudere l’iter entro 30 giorni.
1) comunica la sospensione del credito;
2) chiede una serie di documenti entro cinque giorni;
3) informa che, in caso di mancata risposta, «la comunicazione verrà considerata non effettuata».
Le lettere dell’Agenzia hanno fatto balzare sulla sedia più di un professionista, soprattutto perché arrivano a pochi giorni dalla scadenza del 29 aprile, entro cui è possibile cedere i bonus casa relativi alle spese del 2021. Tecnicamente, queste comunicazioni derivano dal provvedimento dello scorso 1° dicembre (prot. 340450/2021), che ha regolato i controlli preventivi introdotti dal Dl Antifrodi. I criteri di controllo non sono stati resi noti nei dettagli, ma potrebbero riferirsi, ad esempio, a precedenti irregolarità compiute dallo stesso contribuente o ad un numero esorbitante di cessioni.
Tra gli uffici che hanno inviato le missive c’è la Direzione provinciale I di Roma, ma a quanto risulta l’indicazione è partita a livello centrale.
Le richieste di informazioni sono indirizzate all’intermediario che ha trasmesso l’opzione di cessione o sconto. Soggetto che, di solito, coincide con chi ha apposto il visto di conformità. È chiaro, comunque, che i documenti richiesti sono quelli che tipicamente devono essere visionati per mettere il visto; perciò chi ha agito solo come intermediario potrebbe non essere in grado di rispondere. Tra i documenti richiesti figurano:
● il visto di conformità;
● l’asseverazione «di efficienza energetica» (da intendersi probabilmente come l’asseverazione di rispetto dei requisiti tecnici);
● le fatture relative ai lavori e alle spese pagate per il rilascio del visto di conformità, delle attestazioni e delle asseverazioni, con i relativi pagamenti (cioè le ricevute dei bonifici);
● la Cila;
● la polizza assicurativa stipulata dai tecnici asseveratori.
Si tratta di documenti che spesso vengono archiviati dalle piattaforme per la cessione dei crediti, e comunque non impossibili da reperire. Il problema, se mai, sono i tempi, perché l’Agenzia invita a fornire i dati entro 5 giorni, e questo potrebbe mandare in seria difficoltà un intermediario che dovesse ricevere molte lettere in poco tempo. D’altra parte, lo stesso Dl Antifrodi impone alle Entrate di chiudere la procedura al massimo entro 30 giorni.
Un aspetto particolare è che tra i destinatari di queste lettere non figura – neppure in copia – il contribuente, che dunque rischia di vedersi posta nel nulla la cessione del credito senza preavviso. Tant’è vero che diversi operatori si stanno interrogando sull’opportunità o sulla necessità di avvisare subito i clienti.
Alcuni professionisti rilevano di non aver ricevuto riscontri dall’Agenzia dopo aver inviato il materiale: la regola è che, decorsi 30 giorni, la cessione si sblocca in automatico; mentre, se dovessero esserci problemi che rendono definitivo il blocco, l’iter si chiuderebbe con una comunicazione motivata che conferma l’annullamento dell’opzione, vanificando la monetizzazione del bonus. Questa comunicazione dovrebbe essere impugnabile davanti al giudice tributario, anche se il fattore tempo giocherà a sfavore del contribuente: in attesa del contenzioso, infatti, c’è il rischio di vedere sfumare i termini che tutti gli anni vincolano le cessioni. In alternativa, il committente potrà tentare una nuova cessione del credito d’imposta, con la probabilità però di di incappare in un nuovo blocco o di non trovare un acquirente disposto a comprare un credito già respinto.