Università: ISEE aumenta la soglia per essere autonomi
Con l’autunno alle porte, si avvicina il momento della riapertura delle aule universitarie. Uno strumento come l’ISEE torna dunque ad avere una forte centralità nel periodo in cui molti studenti si trovano a dover consegnare alle rispettive segreterie di facoltà le DSU dei loro nuclei per ricavarne borse di studio o agevolazioni sui costi di iscrizione e frequentazione. È chiaro che ogni ateneo ragiona per sé, prevedendo soglie economiche differenti riguardo alle possibilità di conferire benefici economici ai loro iscritti. Sta di fatto però che dall’ISEE non si può prescindere quale strumento di verifica sulla sussistenza dei requisiti per potervi accedere.
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ISEE università: cos’è l’autonomia dello studente
Un aspetto decisivo se si parla di ISEE universitario è ad esempio l’autonomia dello studente rispetto al nucleo dei genitori, cioè quando lo studente ha una residenza diversa da quest’ultimi. Anche se verrebbe da pensare subito ai fuori sede, in realtà non è a loro che ci riferiamo. I fuori sede infatti vivono sì fisicamente lontano dai luoghi di provenienza, ma poi di fatto, nella stragrande maggioranza dei casi, la loro residenza anagrafica coincide con la stessa abitazione dei genitori, e questo è sufficiente a lasciare il nucleo “integro” dal punto di vista dell’ISEE.
L’autonomia invece entra in ballo nel caso di quegli studenti che per varie ragioni non figurano come residenti nel nucleo dei genitori, e quindi dal punto di vista anagrafico costituiscono un nucleo a sé: un caso classico è quello dei ragazzi coniugati o lavoratori che nel frattempo si sono trasferiti e hanno messo su casa per conto loro volendo comunque proseguire nel percorso accademico. È in questi casi, quindi, che sarà necessario verificare se ci sono effettivamente quei margini di indipendenza dal nucleo genitoriale tali da poter identificare uno studente come “autonomo”.
ISEE università: quali regole sull’autonomia dello studente
Oltretutto da un anno a questa parte è stata introdotta una novità che ha modificato l’assetto regolamentare relativo alle condizioni di autonomia ai fini ISEE. Autonomia che va intesa non solo in senso economico ma anche logistico. La premessa è che in assenza di requisiti di autonomia, servirà per forza presentare, oltre alla DSU del nucleo dello studente, anche quella dei genitori. Per capire allora se uno studente è davvero autonomo, l’ISEE andrà a valutare due aspetti sostanziali. Primo: la casa dove vive (e da quanto tempo ci vive). Secondo: la cosiddetta “capacità di reddito”, che può essere riferita o al singolo studente, qualora viva da solo, oppure in comunione col coniuge/compagno, se si tratta di studente sposato o convivente di fatto.
Autonomia ISEE studente: quali sono i requisiti
La novità cui accennavamo riguarda quindi quest’ultimo aspetto, quello economico-reddituale: dalla stagione accademica 22/23, infatti, l’adeguato livello di reddito ISEE a partire dal quale lo studente può essere considerato “autonomo” è salito dalla precedente soglia di 6.500 euro a 9.000 euro annui. Nessuna modifica, invece, è stata introdotta sul secondo requisito, quello logistico, secondo il quale l’autonomia sussiste in caso di “studente residente fuori dall’unità abitativa della famiglia di origine da almeno due anni rispetto alla data di presentazione della domanda di iscrizione per la prima volta a ciascun corso di studi, in alloggio non di proprietà di un suo membro”; cioè in pratica deve trattarsi di un ragazzo che da almeno due anni vive in un alloggio che non sia di proprietà di un membro della sua famiglia.
Autonomia ISEE studente: conta anche il coniuge/convivente
Detto altrimenti: se lo studente andasse a vivere nella casa che il padre o la madre hanno ereditato a loro volta dai genitori (nonni del ragazzo) non potrebbe essere mai considerato autonomo secondo la logica dell’ISEE; stesso discorso per chi è sposato o convivente, perché in questo caso il “veto” sugli immobili “tramandati” si estende in automatico anche all’eventuale abitazione proveniente dalla famiglia del coniuge/compagno. Quindi in pratica se l’abitazione dove lo studente vive con il coniuge, fosse di proprietà dei nonni o dei genitori del coniuge, l’autonomia decadrebbe comunque. Sarebbe invece considerato autonomo quello studente che prendendosi una stanza in affitto (o figurando lui stesso titolare della casa) iniziasse a mantenersi con uno o due lavori paralleli allo studio; idem se la titolarità della casa fosse del coniuge/compagno dello studente.
Tornando infine alla soglia di autonomia reddituale innalzata da 6.500 a 9.000 euro, anche questa andrà valutata in rapporto al singolo studente oppure all’eventuale coniuge/convivente. Nel caso allora di uno studente che risieda col coniuge e risulti a suo carico, o comunque provvisto di un reddito inferiore a 9.000 euro, l’autonomia potrebbe sussistere solo se il medesimo coniuge/convivente disponesse di un reddito pari almeno a 9.000 euro annui. Se invece tutti e due – studente e coniuge – avessero redditi inferiori a 9.000 euro, l’autonomia non sussisterebbe e questo renderebbe necessaria l’integrazione della DSU dello studente coi dati della DSU dei genitori.
FONTE CAF ACLI