Irpef e cedolare: acconti in cassa entro il 30 novembre
Sugli acconti 2023 il tempo sta scadendo. Entro il 30 novembre, infatti, vanno pagate le seconde o uniche rate degli anticipi di Irpef e cedolare secca. Coloro che entro lo scorso 30 settembre hanno presentato il 730, o che in questi giorni stanno presentando il Modello REDDITI (ex Unico) 2023 riferiti al 2022, sono potenzialmente tenuti all’adempimento degli acconti che seguono regole e tempistiche analoghe.
Acconto Irpef e cedolare secca: come pagarlo
Ovviamente, a seconda di quale sia stato il modello utilizzato, cambierà anche la modalità di versamento: chi ha fatto il normale 730 indicando il proprio datore di lavoro si vedrà decurtare l’importo dovuto direttamente dalla busta paga, altrimenti, in caso di 730 senza sostituto, oppure in caso di Modello REDDITI – che non va al datore di lavoro – sarà tenuto a usare l’F24 indicando nell’apposita sezione “Erario” il codice tributo “4034” (seconda/unica rata Irpef) oppure il “1841” (seconda/unica rata cedolare secca).
Acconto Irpef e cedolare secca: le regole del calcolo
Vediamo allora nel dettaglio quali regole vanno seguite. Com’è noto, vi sono due strade per calcolare l’importo dovuto: o il metodo storico – quello più sicuro e consigliato – oppure il metodo previsionale, molto più incerto e rischioso. Chi paga con F24 adotterà per proprio conto una soluzione o l’altra. Chi invece dispone di un sostituto d’imposta, qualora ritenesse che al 31 dicembre 2023 il suo reddito risulterà inferiore a quello conseguito nel 2022, avrebbe già dovuto chiedere entro il 10 ottobre di farsi calcolare in busta paga un acconto minore rispetto a quanto riportato nel prospetto di liquidazione 730-3.
Acconto Irpef e cedolare secca: che vuol dire metodo “storico”
Partiamo dal metodo storico. In questo caso va fatto riferimento all’imposta dovuta per l’anno precedente, al netto di oneri deducibili e detraibili. Tale valore è sì fondamentale per potersi regolare sulle tempistiche di versamento, ma più in generale per capire se l’acconto sull’anno in corso sia dovuto o meno. Se infatti l’imposta versata a saldo per il 2022 è risultata inferiore a 51,65 euro, è sicuro che l’acconto per il 2023 non dovrà essere pagato; in presenza invece di un’imposta 2022 superiore a 51,65 euro, andrà certamente pagato nella misura del 100% della medesima imposta 2022.
Acconto Irpef e cedolare secca: seconda o una rata entro 30 novembre
Partendo allora dal presupposto che l’acconto sia dovuto, resta da capire se è da pagarsi in una o due rate. Se l’imposta 2022 è risultata inferiore a 257,52 euro, ad esempio 150 euro, l’acconto per il 2023 (equivalente appunto a 150 euro) potrà essere versato in un’unica soluzione entro il 30 novembre. Se invece l’imposta 2022 è risultata superiore a 257,52 euro, ad esempio 300 euro, l’acconto per il 2023 è dovuto in due rate: la prima, nella misura del 40% (equivalente a 120 euro), doveva essere versata entro lo scorso 16 giugno, mentre la seconda, nella misura del restante 60% (cioè pari a 180 euro), dovrà essere corrisposta entro il 30 novembre. Questo in sostanza è il metodo storico, più facile da calcolare perché sulla base di un riferimento certo, cioè l’imposta dell’anno prima.
Acconto Irpef e cedolare secca: che vuol dire metodo “previsionale”
Viceversa col metodo previsionale, il rischio di commettere degli errori, e dunque di esporsi a delle sanzioni, è sempre in agguato, dal momento che il calcolo viene elaborato non più in funzione dell’anno passato, cioè in chiave “storica” appunto, ma “in previsione” dell’imposta che – si presume – sarà dovuta per tutto il 2023 (e che verrà poi appurata nella dichiarazione 2024). Ciò implica, di fatto, una doppia difficoltà: non solo quella di arrivare a prevedere il reddito annuo, ma anche l’imposta che ne deriverà, tenendo conto sia degli oneri deducibili che delle spese detraibili sostenuti nello stesso 2023.