Acconti 2020: contribuenti in cassa entro il 30 novembre
ANel giro di una settimana, entro il 30 novembre, si profilano due importanti traguardi fiscali: il Modello REDDITI 2020 e gli acconti d’imposta relativi sempre al 2020. Per quanto riguarda il REDDITI, rimandiamo i lettori alle schede tecniche relative al nostro servizio di consulenza. Quanto invece agli acconti, si tratta delle seconde o uniche rate di imposte quali Irpef, Cedolare secca, Irap, Ires, ecc, da versare nella misura del 100%, o in rata unica oppure in due rate (a seconda se era dovuta o meno quella di giugno) rispettivamente al 40 e 60 per cento.
Le regole del versamento sono quelle note: tramite Modello F24 per chi dichiara col REDDITI, indicando nell’apposita sezione “Erario” il codice tributo “4034” nel caso dell’Irpef, oppure il codice “1841” per la cedolare secca (entrambi i codici, comunque, sono relativi alla seconda o unica rata). Per chi invece ha fatto il 730 sarà applicata la classica ritenuta in busta paga, a meno che il 730 non fosse senza sostituto, perché in tal caso varrebbe la medesima procedura dell’F24.
A parte questo, ci sono due strade per calcolare l’importo dovuto: o il metodo storico – quello più sicuro – oppure il metodo previsionale, che vista la situazione economica causata dalla pandemia c’è da aspettarsi venga molto utilizzato. Partiamo dal metodo storico. In questo caso va fatto riferimento all’imposta dovuta per l’anno precedente, al netto di oneri deducibili e detraibili. Tale valore è sì fondamentale per potersi regolare sulle tempistiche di versamento, ma più in generale per capire se l’acconto sull’anno in corso sia dovuto o meno. Se infatti l’imposta finale versata per il 2019 è risultata inferiore a 51,65 euro, è certo che l’acconto per il 2020 non dovrà essere pagato, altrimenti, in presenza di un’imposta superiore a tale soglia, andrà certamente pagato (nella misura del 100% della stessa imposta dovuta per il 2019).
Posto allora che l’acconto sia dovuto, se l’imposta del 2019 è risultata inferiore a 257,52 euro (ad esempio 150 euro), l’acconto per il 2020 (equivalente appunto a 150 euro) potrà essere versato in un’unica soluzione entro il 30 novembre. Se invece l’imposta del 2019 è risultata superiore a 257,52 euro (ad esempio 300 euro) l’acconto per il 2020 è dovuto in due rate: la prima, nella misura del 40% (equivalente a 120 euro), dovrebbe essere già stata versata entro il 16 giugno scorso, mentre la seconda, nella misura del restante 60% (cioè pari a 180 euro), dovrà appunto essere corrisposta entro 30 novembre. Questo in sostanza è il metodo storico, facile da calcolare perché riferito a una base certa, ovvero l’imposta dell’anno prima.
Viceversa col metodo previsionale, il rischio di commettere degli errori, esponendosi quindi alle sanzioni, è sempre in agguato, dal momento che il calcolo viene elaborato non più in funzione dell’anno passato, ma “in previsione” dell’imposta definitiva che si presume sarà dovuta per tutto il 2020 (dichiarazione 2021). Ciò implica generalmente una doppia difficoltà: non solo quella di arrivare a prevedere il reddito annuo, ma anche l’imposta che ne deriverà, tenendo conto sia degli oneri deducibili che delle spese detraibili. È pur vero però che quest’anno la variabile “impazzita” del Covid, per come la pandemia ha inciso sui consumi e sulla vita economica del Paese, spingerà moltissimi contribuenti a optare giocoforza per la soluzione previsionale, e quindi su un calcolo necessariamente al ribasso, a causa della contrazione degli affari e di conseguenza del reddito.