Affitto: accordo possibile per ridurre il canone mensile
La difficoltà che molte famiglie, o singoli inquilini, stanno incontrando nell’essere puntuali a saldare il pagamento dei canoni d’affitto mensili è certamente uno dei nervi scoperti – lasciati tali dalla legislazione – dell’emergenza pandemica. Nessun provvedimento finora ha contemplato misure economiche o regolamentari per affrontare il problema degli affittuari che, tra perdita del lavoro o contrazione degli affari, sono stati direttamente colpiti dagli effetti della crisi.
Eppure, nel silenzio del legislatore, la legge stessa può venire in aiuto a questi contribuenti tramite un escamotage perfettamente regolare (già esistente prima del Coronavirus) che permetterebbe, con l’ovvio consenso di entrambe le parti, di ovviare almeno in parte alla carenza di liquidità. La soluzione sarebbe quindi un semplice accordo fra inquilino e proprietario per una riduzione del canone di locazione pattuito nel contratto.
L’importante è che l’accordo sia regolarmente registrato tramite Modello 69 (per assistenza è possibile affidarsi alle sedi CAFACLI, che da maggio tornano a ricevere su appuntamento) e trasmesso all’Agenzia delle Entrate. Tutto questo – fiscalmente parlando – a vantaggio soprattutto del locatore, che potrà a quel punto versare le tasse su quanto effettivamente percepito dall’inquilino, anziché versare un’imposta certamente più alta calcolata sul canone pieno siglato nel contratto.
Tale possibilità è anzitutto trasversale, nel senso che può applicarsi a tutte le tipologie di contratto in essere: è dunque ammessa sia nel caso delle locazioni di immobili destinati all’uso residenziale che nel caso di affitti a scopo commerciale/professionale (vedi negozi, studi privati, uffici, attività anch’esse duramente colpite dalla crisi); non incidono nemmeno le variabili della durata del contratto o del regime di tassazione (con imposta ordinaria o cedolare secca) scelto dal locatore. Oltretutto è un’opzione a costo zero, perché non sono dovute né spese di registrazione né di bollo.
Ma cosa va scritto nell’accordo? Ovviamente va fatto riferimento al contratto originario, che a sua volta sarà stato registrato presso l’AdE, indicando i dati del locatore e dell’inquilino. Bisognerà poi indicare la cosa fondamentale, ossia l’ammontare della riduzione del canone in rapporto alla somma originaria, e soprattutto la decorrenza della riduzione, quindi in sostanza il numero di mesi per i quali l’inquilino pagherà un importo più basso.
Ad esempio, ipotizzando un canone mensile per cui originariamente inquilino e locatore si erano accordati sulla cifra di 800 euro (quindi 9.600 annui), e che da maggio fino a dicembre, per effetto dell’accordo, verrebbe ridotto a 500 euro, il nuovo canone annuo da comunicare all’Agenzia sarebbe complessivamente pari a 7.200 euro (3.200 per i primi quattro mesi e 4.000 euro per i restanti otto). Quindi sarà su questi 7.200 euro effettivamente percepiti nell’arco dei 12 mesi che il locatore pagherà l’Irpef o la cedolare secca relativa all’anno d’imposta.
Infine, alla chiusura del periodo della riduzione, salvo proroghe, il locatore non sarà tenuto a comunicare la ripresa del pagamento regolare, dando per scontato che in assenza di nuovi accordi, il canone tornerà ad essere quello stabilito nel contratto.
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FONTE: CAF ACLI