Imu e Tasi: ritorno all’antico con il caro-aliquote
Nel 2019 per l’Imu e la Tasi è un ritorno all’antico. Dopo l’ultima manovra finanziaria i Comuni sono infatti tornati ad avere mano libera sullo sblocco delle aliquote applicate agli immobili diversi dalle abitazioni principali. Ragione sufficiente per stare accorti in vista della prima rata in scadenza il 17 giugno (le sedi CAF ACLI prestano ovviamente assistenza sul calcolo).
Col 2019, quindi, termina il triennio di relativa quiete (2016-2017-2018) in cui le aliquote sono rimaste automaticamente bloccate ai valori del 2015, proprio perché nell’ottica di un complessivo contenimento della pressione tributaria era stato fatto espresso divieto ai Comuni di innalzare a partire dal gennaio 2016 i valori di prelievo rispetto all’anno precedente. In altre parole ai sindaci è stata adesso restituita la stessa autonomia di manovra che hanno avuto fino al 2015. Di conseguenza, a meno che già nel 2015 le aliquote non fossero già state portate ai massimi livelli di prelievo, da quest’anno i tributi potrebbero ricominciare a salire.
La “forbice” Imu è quella nota che va da un minimo del 4,6 a un massimo del 10,6 per mille, considerando che l’aliquota standard sugli immobili non-abitazioni principali è pari al 7,6 per mille, aumentabile o diminuibile fino a 3 punti. La Tasi invece prevede un’aliquota ordinaria dell’1 per mille, che però i Comuni possono ridurre fino all’azzeramento. Inoltre, nella determinazione delle aliquote Tasi, il Comune non può non tener conto della regola secondo cui il limite massimo della somma fra le aliquote Imu e Tasi non può, per ciascuna tipologia di immobile, oltrepassare la soglia massima di legge consentita per l’Imu (ovvero il 10,6 per mille). Vale a dire che laddove l’Imu, da sola, su una certa tipologia di immobili, fosse già stata deliberata al 10,6 per mille, ecco che la Tasi non potrebbe che essere pari a zero.
Al 17 giugno manca poco meno di un mese, quindi c’è tutto il tempo per organizzarsi; peraltro, al di là della variabile delle aliquote, le regole di applicazione dei tributi rimangono sempre le stesse. Anzitutto vige l’esenzione a favore delle abitazioni principali, che – lo ricordiamo – sono quelle dove il possessore e la sua famiglia hanno stabilito la residenza anagrafica e la dimora fisica. Fanno però eccezione le dimore di lusso accatastate in A1, A8 e A9, che continueranno a pagare entrambi i tributi (godendo comunque della detrazione fissa pari a 200 euro, com’era un tempo per tutte le abitazioni principali assoggettate all’Imu di Monti).
L’esenzione sulle abitazioni principali si applica inoltre all’immobile assegnato all’ex coniuge legalmente separato e all’immobile degli appartenenti alle forze dell’ordine trasferiti per ragioni di servizio. Se allora 2+2 fa 4, è altrettanto automatico che nemmeno gli occupanti (inquilini o comodatari) dovranno più sborsare un centesimo con la loro mini-quota di Tasi, fermo restando che abbiano comunque adibito l’immobile a loro abitazione (risiedendovi e dimorandovi).
D’altro canto Imu e Tasi sono sempre vive e vegete per tutti gli altri immobili, locati o meno, anche se con delle “variazioni” su tema. Resta ad esempio l’agevolazione sugli immobili concessi in comodato a parenti in linea retta entro il primo grado, che si traduce in pratica in uno sconto al 50% sulla base imponibile soggetta a imposta (sia ai fini Imu che ai fini Tasi). Ad agevolare il calcolo c’è poi lo sconto del 25% – questa volta applicato direttamente sulle imposte – riservato agli immobili affittati a canone concordato. Torniamo invece sulle case occupate da inquilini o comodatari.
Assodato che la quota occupante della Tasi (dal 10 al 30 per cento) non è dovuta se l’occupante stesso utilizza l’immobile come propria abitazione (vista appunto l’esenzione), ciò non andrà a discapito del possessore, nel senso che il possessore verserà comunque una Tasi compresa tra il 70 e il 90 per cento del tributo complessivo. Se poi l’occupante non avrà stabilito lì la propria residenza-dimora, il versamento del tributo si completerà con la sua quota, altrimenti resterà solo la quota maggioritaria a carico del titolare.