Reddito di Cittadinanza più permissivo sui contratti
Il Reddito di Cittadinanza diventa inclusivo e chiude un occhio sui contratti di lavoro. Il Decreto Sostegni ha infatti disposto alcune importanti novità sull’erogazione dell’assegno a favore delle famiglie in condizioni di disagio economico. Come sappiamo il Reddito, nella sua struttura originaria, prevede determinati paletti economici, che se non fossero rispettati non potrebbero dare diritto al beneficio. Tali paletti, quindi, restano stabili perché non è su quell’aspetto che il legislatore del Decreto Sostegni ha concentrato il proprio intervento. In buona sostanza, ora come allora, il Reddito di Cittadinanza spetta ai nuclei familiari in possesso di:
- un valore ISEE inferiore a 9.360 euro (ovviamente per il calcolo ISEE è possibile rivolgersi a CAF ACLI);
- un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non superiore a 30.000 euro;
- un valore del patrimonio mobiliare non superiore a 6.000 euro per il single, incrementato in base al numero dei componenti della famiglia (fino a 10.000 euro), alla presenza di più figli (1.000 euro in più per ogni figlio oltre il secondo) o di componenti con disabilità (5.000 euro in più per ogni componente con disabilità);
- un valore del reddito familiare inferiore a 6.000 euro annui, moltiplicato per il corrispondente parametro della scala di equivalenza (pari ad 1 per il primo componente del nucleo familiare, incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente maggiorenne e di 0,2 per ogni ulteriore componente minorenne, fino ad un massimo di 2,1). Tale soglia è aumentata a 7.560 euro ai fini dell’accesso alla Pensione di cittadinanza. Se il nucleo familiare risiede in un’abitazione in affitto, la soglia è elevata a 9.360 euro.
La novità quindi risiede altrove. Anzitutto il decreto introduce il rifinanziamento del Reddito per un ulteriore miliardo di euro. Detto questo, la maggior “inclusività” che vi riscontriamo sta nel fatto di “superare” in via straordinaria per il 2021 l’incompatibilità coi contratti di lavoro attraverso una sorta di do ut des per incentivare la ricerca del lavoro e quindi la sostanziale ricerca di un’autonomia del nucleo rispetto al sussidio statale.
Il legislatore ha in pratica stabilito che qualora l’erogazione del Reddito sia già in essere, ma nel frattempo avvenga la stipula di uno o più contratti di lavoro subordinato a termine che comportino “un aumento del valore del reddito familiare fino al limite massimo di 10.000 euro annui”, il beneficio non andrà perduto del tutto, ma verrà sospeso limitatamente alla “durata dell’attività lavorativa che ha prodotto l’aumento del reddito”, e comunque “fino a un massimo di 6 mesi”.
Cioè in parole povere, tutti coloro che abbiano già in corso l’erogazione del Reddito di Cittadinanza e che nel frattempo trovino uno più lavori a termine, non si vedranno spegnere definitivamente l’erogazione del sussidio ma avranno la possibilità di sospenderlo (di qui appunto l’autonomia economica rispetto all’assegno) ripristinandolo però al termine del rapporto di lavoro. Quindi è come se lo Stato, assicurando comunque la prestazione entro certi limiti (reddito familiare fino a 10.000 euro), incentivasse al tempo stesso le famiglie a trovare i mezzi per poterne fare a meno.