Scuola al via, 730 verso la fine: cosa si detrae sui banchi?
Oggi aule riaperte per 4 milioni di studenti, circa la metà dei ragazzi che in questi giorni torneranno a ripopolare le scuole italiane. È il primo rientro sui banchi sotto l’“egida” del greenpass, reso obbligatorio per chiunque abbia accesso alle strutture scolastiche, ad eccezione degli alunni che dovranno comunque indossare la mascherina durante lo svolgimento delle lezioni. Per noi però è anche l’occasione, soprattutto in vista dell’imminente scadenza del 30 settembre che sancirà la chiusura della campagna fiscale 730/2021 (chi non ha ancora provveduto può rivolgersi a CAF ACLI), di fare il punto su un aspetto del modello strettamente legato alla scuola, vale a dire la detraibilità delle spese d’istruzione.
Va subito detto che molte spese, pur effettuate in un contesto scolastico o universitario, non rientrano purtroppo (e assai stranamente) nel beneficio fiscale pari al 19% dell’importo: si vedano ad esempio quelle per l’acquisto dei manuali o dei libri di testo, dei sussidiari o degli accessori scolastici (zaini, trolley, diari, quaderni ecc.), tutto un settore che di per sé registra ogni anno esborsi ragguardevoli per le tasche delle famiglie.
Il discorso cambia invece per altre spese – queste sì detraibili – annoverate fra quelle di frequenza, come ad esempio le quote per le gite scolastiche o gli oneri per i servizi scolastici integrativi, come se il legislatore volesse con questo sottolineare il principio (discutibile) che riconosce la “spesa scolastica” unicamente se vi è un vincolo diretto con l’esercizio dello studio inteso come partecipazione alla scuola, mentre le spese per dotarsi degli “strumenti” di studio non fossero altrettanto degne di rientrare nelle grazie del fisco.
Più in generale, prima della riforma renziana, la formulazione dell’articolo 15, comma 1, lettera “e” del Tuir prevedeva la possibilità di detrarre nella misura del 19% le spese sostenute per la “frequenza di corsi di istruzione secondaria, universitaria, di perfezionamento e/o di specializzazione, tenuti presso istituti o università italiane o straniere, pubbliche o private, in misura non superiore a quella stabilita per le tasse e i contributi degli istituti statali italiani”. Ai sensi del comma 2 del medesimo articolo la detrazione spettava – e spetta tutt’ora – anche per gli oneri sostenuti nell’interesse dei familiari fiscalmente a carico.
Viceversa da dopo la riforma della “buona scuola” (Legge 107/2015) la suddetta lettera “e”, rimasta appannaggio delle detrazioni universitarie, è stata affiancata dalla “e-bis” in cui si dispone l’applicazione della detrazione Irpef del 19% in riferimento alle spese per la frequenza:
- delle scuole dell’infanzia (ex asili);
- del primo ciclo di istruzione, cioè delle scuole primarie (ex elementari) e delle scuole secondarie di primo grado (ex medie);
- e infine delle scuole secondarie di secondo grado (ex superiori).
In buona sostanza la lettera “e-bis” ha mantenuto lo sgravio del 19% sulle spese di iscrizione e frequenza alle scuole secondarie di secondo grado, ma allargandolo contemporaneamente ai livelli d’istruzione inferiori: asili, elementari e medie. Insomma tutti. Non solo: un’altra novità sostanziale va riscontrata nell’uniformità della detrazione che cancella il vecchio discrimine fra scuole statali e parificate (privati). Difatti, secondo il vecchio regime agevolativo, la detrazione sui contributi pagati alle scuole parificate era ammessa nei limiti in cui gli stessi contributi non superassero l’importo di quelli pagati alle scuole statali (principio, questo, che è rimasto in vigore solo per l’istruzione universitaria).
Di conseguenza, a prescindere da quale sia il livello d’istruzione ricevuta (non importa se infantile, primaria o secondaria) e dall’istituto frequentato (non importa se privato o statale), il nuovo regolamento fiscale ha introdotto, in riferimento all’anno d’imposta precedente, un tetto uniforme di spesa detraibile nella misura del 19%, che dallo scorso anno si è stabilizzato a 800 euro, il che significa una detrazione effettiva pari a 152 euro (19% di 800).
Quanto infine ai servizi scolastici integrativi, vedi la refezione, l’assistenza al pasto o il pre e post-scuola, l’Agenzia, circa la loro detraibilità, aveva già dato parere positivo nella Risoluzione 68/E del 4 agosto 2016, poi confermato nelle istruzioni del 730. La stessa cosa, dal 2018, può dirsi anche per l’eventuale servizio di trasporto scolastico, “anche se reso per il tramite del comune o di altri soggetti terzi rispetto alla scuola e anche se non è stato deliberato dagli organi d’istituto, atteso che, a partire dal 1° gennaio 2018, è possibile detrarre le spese sostenute per l’acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale”.
In pratica, venendo a decadere dal 2018 lo “steccato” fra chi avrebbe potuto detrarre le spese di trasporto della scuola e chi invece, avvalendosi dei mezzi pubblici, non avrebbe potuto detrarre le spese per abbonamenti e titoli di viaggio, adesso entrambe le detrazioni sono possibili e oltretutto cumulabili. Quindi, spiega l’Agenzia, “la detrazione delle spese sostenute per il trasporto scolastico, è cumulabile con quella spettante per l’acquisto di abbonamenti ai servizi di trasporto locale, regionale e interregionale”.