Successione: rivoluzione telematica in atto
Il passaggio al 2018 sarà uno snodo cardine per la dichiarazione di successione, che proietterà nel futuro questo non semplice adempimento fiscale, necessario per altro in situazioni tutt’altro che piacevoli. Per l’esattezza, anziché di un generico “futuro”, sarebbe più corretto parlare di un presente concreto e in piena evoluzione, visto che già adesso la gestione delle scadenze tributarie è strettamente vincolata alle tecnologie informatiche. La data, quindi, che segnerà il punto di non ritorno rispetto al passato sarà il 31 dicembre 2017, ossia l’ultimo giorno utile nel quale sarà ancora possibile consegnare all’Agenzia delle Entrate una dichiarazione di successione in forma cartacea, dopodiché, a partire dal 1° gennaio 2018, tutto dovrà essere gestito nell’unica modalità possibile: quella telematica.
Ad ogni modo, la soluzione dell’invio telematico è già operativa dal 23 gennaio 2017, solo che fino al 31-12 di quest’anno resterà comunque valida l’alternativa del modello cartaceo, in virtù della decisione di mantenere una finestra temporale transitoria con entrambe le modalità di consegna attive. In sostanza, com’è avvenuto circa tre anni per il 730 precompilato, anche la “rivoluzione” in atto sulle successioni sta introducendo un’informatizzazione ad ampio raggio su tutta la procedura dichiarativa, partendo dalla compilazione del modello, fino alla consegna e alla conseguente auto-liquidazione dell’imposta dovuta. Ovviamente, per i contribuenti più “evoluti” c’è la possibilità di fare tutto da soli scaricando il software gratuito messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate; per quelli che invece hanno più difficoltà nell’adattarsi alle novità tecnologiche resta pur sempre valida l’opzione dell’intermediario fiscale di fiducia (CAF o commercialista).
Fatto sta che, tecnologia a parte, la successione resta un adempimento non facile – diciamo anche complesso –, quindi nel dubbio è bene affidarsi a qualcuno di veramente esperto, anche perché le regole da osservare sono molte e i documenti da presentare altrettanti (si veda l’apposito riquadro). È pur vero, però, che di tempo per organizzarsi non ne manca, visto che la soglia tecnica per chiudere la successione è di un anno esatto dalla morte del de cuius. Oltretutto non è neanche detto che l’obbligo della dichiarazione sussista, perché la normativa, che stabiliva in precedenza un limite minimo di attivo ereditario pari 25.833 euro entro il quale non vi sarebbe stata la necessità di dichiarare, ha innalzato tale soglia addirittura a 100.000 euro.
Cioè: se il valore complessivo dei beni in successione non supera i 100.000 euro la dichiarazione non dev’essere fatta. Attenzione però, perché a questa condizione ne va aggiunta un’altra, vale a dire che l’attivo ereditario non deve comprendere beni immobili o diritti reali immobiliari. Traduzione: è sufficiente che la persona defunta abbia lasciato in eredità un garage o un piccolo terreno (anche se incolto) perché sussista l’obbligo dichiarativo. Quindi i suddetti requisiti (valore dell’attivo ereditario fino a 100.000 euro e assenza di beni immobili) vanno considerati contemporaneamente e non separatamente, cioè debbono verificarsi entrambi perché decada l’obbligo dichiarativo.
Tutt’altra cosa, invece, sarà la passività dell’erede rispetto all’imposta di successione. Fare la dichiarazione, infatti, è cosa ben diversa dal pagare l’imposta sui beni ereditati. Anzitutto all’apertura della successione vi sono i cosiddetti “chiamati all’eredità”, ovvero tutti quei soggetti che potenzialmente potrebbero beneficiare del patrimonio del de cuius. Solo successivamente, con l’accettazione del patrimonio, si diventa eredi a tutti gli effetti. Ma il concetto di erede, a seconda dei casi, va distinto in legittimo e legittimario. In pratica, vi sono soltanto eredi legittimi (coniuge, figli, genitori, nonni, ecc…) quando la persona è deceduta senza lasciare alcuna volontà testamentaria, mentre vi sono eredi legittimari, oltre a quelli nominati direttamente dal defunto, laddove appunto sia stato fatto testamento. In sostanza la legge, pur tutelando la volontà testamentaria del defunto, tutela altresì determinate persone (cioè i legittimari) alle quali sarà comunque destinata una parte dell’attivo ereditario, a prescindere se siano state o meno nominate nel testamento.
Detto questo, il versamento dell’imposta, se dovuto, verrà effettuato in automatico tramite Iban sulla base del risultato della dichiarazione. Perché abbiamo scritto “se dovuto”? Perché, come dicevamo, l’obbligo dichiarativo e quello di pagamento non sono necessariamente legati. Si può fare, cioè, la dichiarazione senza per questo essere passivi d’imposta. Coniuge e figli, ad esempio, possono usufruire di una franchigia di un milione di euro, ovvero fino a un milione di euro di attivo ereditario non pagheranno la tassa di successione. Se invece l’eredità dovesse superare questa soglia, si dovrà pagare, sulla sola quota in eccesso, un’aliquota fissa pari al 4%. Ovviamente, più il legame di parentela si “allontana” rispetto al vincolo matrimoniale o filiale, e più la probabilità di dover pagare l’imposta si alza.
Con la nuova procedura telematica, in ultimo, sarà anche opzionabile la richiesta automatica delle nuove volture catastali a seguito della successione. Un punto, però, che potrebbe complicare le cose rispetto al passato sarà l’impossibilità, in caso di errore, di presentare una dichiarazione integrativa che vada a correggere unicamente le parti errate della precedente, ma al contrario servirà presentare una seconda dichiarazione al completo, comprensiva cioè, oltre che delle parti modificate, anche di quelle che non erano state sbagliate.