Superbonus, triplice fischio per cessione del credito e sconto in fattura
Stop. Ecco la decisione del Governo riguardo le cessioni dei crediti o gli sconti in fattura legati ai bonus fiscali sui lavori edili, a cominciare chiaramente dal Superbonus (ex 110 adesso 90%). Il redde rationem sulla montagna fuori controllo dei crediti che lo Stato si è finora accollato tramite le varie formule di cessione/sconto applicate sulle spese di ristrutturazione effettuate da privati o condomìni, è arrivato “di forza” con l’approvazione di un decreto ad hoc nel CdM del 16 febbraio.
Un fulmine a ciel sereno verrebbe da dire, anche se, stando alle varie ricostruzioni, la decisione del ministro Giorgetti di porre un argine definitivo alla gestione monstre dei crediti è tutt’altro che improvvisata, ma aleggiava già da tempo nei corridoi di via XX settembre, addirittura – secondo quanto riporta Italia Oggi – fin da prima delle elezioni. Queste dunque le parole del capo del MEF sull’obiettivo della norma: “Cercare – spiega – di risolvere il problema che riguarda la categoria delle imprese edili per l’enorme massa di crediti fiscali incagliati e mette in sicurezza i conti pubblici”. A volerla sintetizzare brutalmente: signori, non c’è più un soldo, ma a ben vedere l’urgenza non era tanto (o non solo) la necessità di chiudere i rubinetti per il futuro, quanto appunto di non sovraccaricare oltremodo la gestione stessa della mole abnorme di crediti che lo Stato si è già impegnato ad “acquisire”.
Il comunicato di Palazzo Chigi diramato dopo l’ok al decreto in consiglio, non potrebbe essere più chiaro: “L’oggetto dell’intervento non è il bonus in sé, bensì la cessione del relativo credito, che ha potenzialità negative sull’incremento del debito pubblico. Dall’entrata in vigore del decreto, con l’eccezione di specifiche deroghe per le operazioni già in corso, non sarà più possibile per i soggetti che effettuano tali spese optare per il cosiddetto ‘sconto in fattura’ né per la cessione del credito d’imposta. Inoltre, non sarà più consentita la prima cessione dei crediti d’imposta relativi a specifiche categorie di spese; resta invece inalterata la possibilità della detrazione degli importi corrispondenti”. Insomma, la cara vecchia detrazione nel 730 tornerà ad essere l’unica strada percorribile per applicare il bonus, scomputandolo così in dieci rate annuali di pari importo dall’imposta lorda di ciascun anno (in buona sostanza, se la detrazione è 100 detrarrò allora 10 rate da 10 nelle altrettante dichiarazioni successive all’anno in cui è stata sostenuta la spesa).
“Si abrogano – specifica allora il comunicato – le norme che prevedevano la possibilità di cedere i crediti relativi a:
- spese per interventi di riqualificazione energetica e di interventi di ristrutturazione importante di primo livello (prestazione energetica) per le parti comuni degli edifici condominiali, con un importo dei lavori pari o superiore a 200.000 euro;
- spese per interventi di riduzione del rischio sismico realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali o realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3, mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, che provvedano alla successiva alienazione dell’immobile.”
E inoltre “si introduce anche il divieto, per le pubbliche amministrazioni, di essere cessionarie di crediti d’imposta relativi agli incentivi fiscali maturati con tali tipologie di intervento”. Questo è quanto. Comunque la si voglia chiamare, è davvero la pietra tombale sulle vie alternative alla detrazione.
FONTE CAF ACLI