Reddito di emergenza, scadenza domanda 31 luglio
Non ci sarà nessuna ulteriore proroga sul termine delle domande per il Reddito di Emergenza, che dopo la conversione in legge del Decreto Rilancio, avvenuta ieri in Senato, resta confermato al 31 luglio (a dispetto invece del primo slittamento che era stato deciso dal 30 giugno al 31 luglio appunto). In sostanza dal 1° agosto chi non avrà fatto domanda all’Inps per ottenere il sussidio economico non potrà più trasmetterla.
Le modalità di richiesta restano quelle note: qualora il nucleo non ne fosse già in possesso, dovrà anzitutto dotarsi di un’attestazione ISEE valida – per la quale è possibile rivolgersi alle nostre sedi CAF ACLI – e con quella presentarsi agli uffici di un patronato (cerca la sede del Patronato ACLI più vicina) oppure procedere tramite i canali web dell’Inps, più esattamente autenticandosi con PIN, SPID, Carta Nazionale dei Servizi e Carta di Identità Elettronica.
La conversione in legge del testo non ha prodotto nessuna modifica nemmeno sui paletti economici dell’assegno, il cui regolamento resta dunque inalterato sotto ogni aspetto. Prima allora di ripercorrere i punti salienti del Reddito di Emergenza, va premesso che l’assonanza col Reddito di Cittadinanza non deve trarre in inganno, perché si tratta di misure del tutto diverse, sia nella loro “filosofia” che negli effetti pratici, e oltretutto sono misure fra loro incompatibili, dal momento che il legislatore ne ha stabilito a chiare lettere l’incumulabilità.
In termini pratici, basta che un solo componente del nucleo familiare risulti già percettore di Reddito di Cittadinanza per impedire in automatico la possibilità di ricevere il Reddito di Emergenza. Quest’ultimo, inoltre, prevede una durata ben più ridotta rispetto ai 18 mesi del “fratello maggiore”: trattasi infatti di un assegno bimestrale, “erogato in due quote” – si legge nel decreto – che varieranno fra un minimo di 400 e un massimo di 800 euro a seconda della conformazione e della situazione economica del nucleo.
Ciò premesso, ecco i requisiti che debbono sussistere (tutti allo stesso tempo) per poter beneficiare del REM:
- residenza in Italia, verificata con riferimento al componente richiedente il beneficio;
- un valore del reddito familiare (comprensivo anche di quello non imponibile ai fini Irpef, ndr) nel mese di aprile 2020, inferiore alla soglia stessa del REM che spetterebbe (quindi un reddito che ad aprile risulti fra i 400 e gli 800 euro, ovviamente confrontato con quello che sarebbe il beneficio spettante, che, come abbiamo visto, varia tra 400 e 800 euro, ndr);
- un valore del patrimonio mobiliare familiare con riferimento all’anno 2019 inferiore a una soglia di euro 10.000, accresciuta di euro 5.000 per ogni componente successivo al primo e fino ad un massimo di euro 20.000. Il predetto massimale è incrementato di 5.000 euro in caso di presenza nel nucleo familiare di un componente in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza come definite ai fini dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE);
- un valore dell’ISEE inferiore ad euro 15.000.
Sul piano invece della non-cumulabilità, cui già accennavamo, il discorso non si ferma al solo Reddito di Cittadinanza. Vi sono infatti anche altre misure economiche la cui presenza all’interno del nucleo impedirebbe l’erogazione del REM. Il legislatore, ad esempio, sbarra la strada del REM a chiunque sia già percettore di una qualunque delle indennità introdotte dal Decreto Cura-Italia di marzo, vale a dire i famosi bonus 600 euro poi rinnovati:
- Indennità professionisti e lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa;
- Indennità lavoratori autonomi iscritti alle Gestioni speciali dell’Ago;
- Indennità lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali;
- Indennità lavoratori del settore agricolo;
- Indennità lavoratori dello spettacolo;
- Indennità disciplinate dal reddito di ultima istanza a favore dei lavoratori danneggiati dal virus COVID-19.
Sono inoltre estromessi i lavoratori domestici eventualmente beneficiari dell’omonima “Indennità per i lavoratori domestici” istituita dall’articolo 85 dello stesso Decreto Rilancio. Ed infine, si legge, “il REM non è altresì compatibile con la presenza nel nucleo familiare di componenti che siano al momento della domanda in una delle seguenti condizioni:
- essere titolari di pensione diretta o indiretta ad eccezione dell’assegno ordinario di invalidità;
- essere titolari di un rapporto di lavoro dipendente la cui retribuzione lorda sia superiore all’importo che spetterebbe col REM, ovvero compresa nella solita forbice tra 400 e 800 euro”.
Posto allora che i due canali principali per fare domanda sono l’Inps e i patronati, la disponibilità di CAF ACLI resta comunque attiva sul fronte dell’ISEE, requisito fondamentale – come abbiamo visto – per vedersi riconosciuto il diritto all’assegno.