Sisma bonus: la classe di rischio fa la differenza
È la classe di rischio in cui si trova l’immobile a fare da ago della bilancia ai fini del Sisma-bonus. La detrazione, infatti, varia a seconda della classe di rischio di partenza e di conseguenza anche in base al risultato ottenuto dopo i lavori. Sul beneficio l’Agenzia delle Entrate ha anche pubblicato in rete, nella sezione l’Agenzia informa del suo sito, una versione aggiornata della guida. Il Sisma-bonus potremmo definirlo una sorta di “derivato” del bonus ristrutturazioni. In pista a partire dal 1° gennaio 2017, offre benefici fiscali sugli interventi antisismici le cui procedure autorizzative siano state attivate a partire dalla stessa data.
La miglioria sostanziale che si è aggiunta strada facendo è stata l’estensione del bonus agli interventi realizzati su tutti i fabbricati purché di tipo abitativo o su quelli utilizzati per attività produttive, mentre in un primo momento sarebbe stato ammesso solo per i lavori effettuati sull’abitazione principale. Altra estensione è stata quella relativa agli immobili situati non più solo nelle zone sismiche 1 e 2, ma ubicati anche in zona sismica 3. Inoltre sono stati ammessi alla detrazione gli acquisti di abitazioni facenti parte di edifici demoliti e ricostruiti che si trovano in una delle zone classificate a “rischio sismico 1” (è necessario che i lavori siano stati effettuati da imprese di costruzione e ristrutturazione e che l’immobile sia stato venduto entro diciotto mesi).
È chiara dunque, a giudicare da questi cambiamenti migliorativi sopraggiunti in corso d’opera, l’intenzione del legislatore di rendere sempre più appetibile la detrazione su un ambito delicato come quello sismico – per giunta dopo gli ultimi accadimenti del centro o sud Italia – incoraggiando così a intervenire i titolari di case a rischio. Il bonus può essere richiesto anche dai soggetti Ires e, dal 2018, dagli Istituti autonomi per le case popolari e dagli enti che hanno le stesse finalità sociali, nonché dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa.
Spieghiamo a questo punto qual è la misura dello sconto. Va considerato, di base, che per le spese sostenute dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2021, spetta una detrazione del 50% che verrà calcolata su un ammontare complessivo di spesa pari a 96mila euro per unità immobiliare e suddivisa in cinque rate annuali anziché nelle classiche dieci valide per gli altri bonus casa (nel caso degli interventi condominiali l’ammontare delle spese non superiore a 96mila euro viene moltiplicato per il numero delle unità immobiliari di ciascun edificio).
Ora, posto che le opere, per essere detraibili, devono essere realizzate su edifici che si trovano nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2) o nella zona 3 (a tal proposito occorre fare riferimento all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003), sarebbe anche possibile – e da qui torniamo al discorso sulla classe di rischio accennato in partenza – godere di una maggiore detrazione laddove, a seguito dei lavori effettuati, risultasse un miglioramento della condizione di rischio dell’immobile, e quindi il passaggio a una, se non a due classi di rischio inferiori.
La percentuale del 50% verrebbe quindi applicata se i lavori non comportassero nessuno spostamento dell’immobile da una classe di rischio maggiore ad una inferiore; se al contrario si riuscisse a conseguire una riduzione del rischio sismico, la detrazione raggiungerebbe percentuali più elevate. Per l’esattezza:
– 70% delle spese sostenute (75% per i lavori condominiali), se gli interventi determinassero il passaggio a una classe di rischio inferiore;
– 80% delle spese sostenute (85% per i lavori condominiali), se gli interventi determinassero il passaggio a due classi di rischio inferiori.
Vi è poi il discorso della cessione del credito limitata ai soli interventi condominiali. È questo un punto sul quale i contribuenti tendono spesso ad avere molti dubbi, ma nella sostanza non si tratta d’altro se non della possibilità, volendo, di cedere il credito fiscale – che in teoria verrebbe applicato a posteriori in dichiarazione – ai fornitori che hanno effettuato gli interventi o ad “altri soggetti privati” (persone fisiche, anche se esercitano attività di lavoro autonomo o d’impresa, società ed enti). Non sarebbe possibile, invece, cederlo a istituti di credito, intermediari finanziari e amministrazioni pubbliche. Cioè in altri termini, se ad esempio so di essere incapiente, quindi so che non avrò mai la possibilità di godere concretamente della detrazione sui lavori antisismici, posso fare richiesta di cessione del credito, garantendomi quindi la possibilità di goderne, se non in forma fiscale, per lo meno come sconto sul pagamento dei lavori. L’azienda edile, quindi, assumerebbe per sé il credito cedutole dal contribuente e glielo scalerebbe dai lavori. Specifichiamo che quello dell’incapienza è solo un esempio, visto che l’opzione di cessione è aperta a tutti i soggetti Irpef e Ires, non solo a chi è incapiente.