Superbonus: possibile salvarsi in corner con la cessione
Anche per il Superbonus 110%, come per le altre forme di detrazione sui lavori a casa, laddove non ci sia capienza fiscale da parte del contribuente, o si sia impossibilitati a goderne per ragioni riconducibili al regime di tassazione (ad esempio quando si gode di regimi fiscali sostitutivi, tipo il forfettario), vi è comunque l’opportunità di farselo applicare – sia pure in forma indiretta – tramite la cessione alla ditta o ad altri soggetti finanziari. La scelta ovviamente non sempre è obbligata, cioè non è detto che ai fini della cessione si debba per forza essere incapienti o soggetti a forme di tassazione alternative, quindi anche il contribuente titolare di reddito tassato ordinariamente con l’Irpef, che abbia tutte le carte in regola per chiedere la maxi-detrazione nel 730, potrebbe – volendo – ripiegare sulla cessione del credito.
L’opzione, nel complesso, è sì valida per i cosiddetti interventi “trainanti” che costituiscono la spina dorsale del Superbonus 110% (senza di questi, infatti, la detrazione non potrebbe sussistere), ma di fatto era/è già valida anche per gli interventi di:
- recupero del patrimonio edilizio (vedi manutenzione straordinaria, restauro risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, ecc);
- riqualificazione energetica rientranti nell’Ecobonus 65%;
- adozione di misure antisismiche rientranti nel Sismabonus;
- recupero o restauro della facciata degli edifici esistenti (cosiddetto Bonus Facciate);
- installazione di impianti fotovoltaici e colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici.
Ciò premesso, vediamo esattamente di cosa si tratta quando parliamo di cessione del credito relativo al Superbonus 110. In pratica, al posto dell’utilizzo diretto della detrazione in dichiarazione dei redditi, secondo la formula ormai rodata della suddivisione in quote annuali di pari importo (nel caso specifico del Superbonus ne sono previste 5), si può scegliere alternativamente:
- un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, di importo massimo non superiore al corrispettivo stesso, anticipato dal fornitore di beni e servizi relativi agli interventi agevolati. Il fornitore recupera il contributo anticipato sotto forma di credito d’imposta di importo pari alla detrazione spettante, con facoltà di successive cessioni di tale credito ad altri soggetti, ivi inclusi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari;
- la cessione del credito d’imposta (corrispondente alla detrazione spettante) a soggetti quali banche o altri intermediari finanziari che potranno utilizzarlo in compensazione attraverso il Modello F24 o a loro volta potranno cederlo nuovamente ad altri enti.
Quindi in sostanza, se non detraggo direttamente la spesa nel 730 (per l’esattezza ce ne vorranno cinque di 730, essendo appunto altrettante le rate), posso cedere il beneficio alla ditta che mi esegue i lavori avendone in cambio l’azzeramento dei costi (ovviamente lo “sconto” in fattura pareggerebbe l’importo che pagherei per i lavori, né più né meno, mentre con la detrazione, scaricherei in 5 anni dall’imposta lorda tutto il 100% dei lavori più un altro 10%); altrimenti – opzione banche – posso cedere il credito a un istituto finanziario secondo i parametri dell’accordo che quell’istituto troverà con me e la ditta, ma in sostanza io, cedente del beneficio, avrò anche in questo caso i lavori fatti gratis.
Quanto invece ai soggetti cessionari del credito, la guida pratica dell’Agenzia Entrate parla esattamente di:
- fornitori dei beni e dei servizi necessari alla realizzazione degli interventi;
- altri soggetti come persone fisiche, anche esercenti attività di lavoro autonomo o d’impresa, società ed enti);
- istituti di credito e intermediari finanziari.
Restano infine da vedere i documenti necessari per applicare la cessione. Sono due gli atti fondamentali di cui ci si deve dotare: il visto di conformità e l’asseverazione tecnica. Il primo è quello contenente i “dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d’imposta, rilasciato dagli intermediari (come CAF ACLI, ndr) abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni”; l’altra è invece una certificazione che attesta i presupposti di efficientamento energetico o di riduzione del rischio sismico, e come tale deve essere appunto rilasciata dai quei tecnici abilitati alle certificazioni energetiche o dai professionisti incaricati della progettazione/direzione/collaudo degli interventi per la riduzione del rischio sismico.
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